Klein Blue

Klein Blue è il quarto libro di Cristiano Pedrini, edito in cartaceo da Aletheia Editore (per l'acquisto, fate riferimento al link precedente).
TRAMA (dal sito dell’autore): Nord dell’Inghilterra… Una piccola isola, in mezzo ad un lago… Un vecchio albergo diroccato che ricorda i fasti della Belle Époque… Un ragazzo che desidera apparire come un semplice turista, con un passato che cerca di tenere ben nascosto: lui è Jayce Wood, 18 anni… Segni particolari: un piccolo tatuaggio di colore blu sulla caviglia destra raffigurante tre leoni stilizzati. Nella mitologia celtica questo simbolo fornisce una protezione dal male ed è un simbolo della trascendenza, rappresenta la conoscenza della vita e la capacità di lasciarla andare, di ergersi al di sopra, di sopravvivere alle pressioni della vita di ogni giorno.
Un inguaribile Casanova che non si avvede di una donna che lo vorrebbe solo per sé: lui è Keith O’Connor, 28 anni… Segni particolari: eletto da pochissimo ad una importante carica pubblica, egli è un inguaribile romantico e adora cercare continuamente qualcuno con cui condividere le proprie giornate… Benvenuti nella contea di Northumberland!

IL MIO VOTO =

Questo libro, purtroppo, non mi è piaciuto per diversi motivi.
Il primo è lo stile di scrittura. L’autore è decisamente troppo prolisso per i miei gusti. Il libro è lungo oltre 200 pagine ma secondo me poteva tranquillamente essere ridotto di un terzo. Attenzione: non sto dicendo che non mi piacciono i libri lunghi. Uno dei miei preferiti di sempre è It di Stephen King, 1238 pagine, quindi capirete anche voi che 200 mi fanno un baffo, tanto per essere chiara. Ma ci sono tomi che scorrono via in un attimo e libriccini che sembrano interminabili. Un conto è scrivere un libro lungo avendo tante cose da dire, un altro è riempire pagine su pagine per dire poco o niente. In Klein Blue (curiosità: è il nome di una tonalità di blu che, secondo Keith, è uguale al colore degli occhi di Jayce) ci sono troppi giri di parole per arrivare a dire un concetto semplicissimo, termini forbiti che stonano con il contesto e con i personaggi, insomma ho avuto l’impressione che l’autore volesse solamente allungare il brodo.
Secondo problema, la narrazione è confusionaria. In uno stesso paragrafo, ad esempio, il punto di vista salta indifferentemente da un personaggio all’altro: magari l’autore sta facendo parlare o pensare Jayce, ma ecco che subito dopo la focalizzazione passa a Keith. Ed è così per tutto il libro, c’è questo rimbalzo continuo proprio come una palla durante una partita di basket. Devo segnalare anche alcuni errori di sintassi, in particolare per la coniugazione dei tempi verbali, ma anche per come sono state strutturate le frasi (un esempio a caso: “A ogni suo passo la scala lo accompagnava gorgogliando un leggero scricchiolio”; il verbo gorgogliare può essere riferito solo all’acqua o ad altri liquidi). E poi c’è un vero e proprio abuso dei puntini di sospensione (evidente già nella trama, fra l’altro)! Io li trovo fastidiosissimi, fanno troppo fanfiction di terz’ordine.
 
Ma veniamo al problema per me più grosso: la storia non è accattivante. Non mi ha proprio coinvolta. Si presenta come una storia d’amore con un tocco di noir e mistero, ma per me di “misterioso” non ha proprio niente. Il fatto che Jayce sia il tipico ragazzo ricco e ribelle in fuga dal padre che per qualche motivo nasconde la propria identità mi sembra un po’ scarsino come spunto per un noir. La vicenda entra nel vivo, se così si può dire, solo ben oltre la metà del libro. Io mi sono annoiata, non mi decidevo mai a continuare la lettura perchè proprio non avevo voglia di sapere come andava a finire. E poi la storia tra Jayce e Keith mi è sembrata davvero forzata: questi due appena si conoscono sono come cane e gatto ed è evidente che Jayce nutre parecchia antipatia per Keith (senza un motivo fondato, ma del resto succede che una persona ti stia antipatica d’istinto)... ma basta una gitarella romantica in barca per cadergli tra le braccia e innamorarsi perdutamente di lui? Mi spiace, ma per me un simile sviluppo è verosimile quanto un politico onesto.
Tutti gli eventi si succedono in maniera troppo affrettata, in realtà. Ad esempio George, il padre di Jayce, appena incontra Keith lo tratta come una pezza da piedi, salvo poi aprigli il cuore manco fosse diventato il suo migliore amico; quanto al figlio, prima lo disprezza ma poi, subito dopo, vuole ricucire i rapporti con lui. Keith fra l’altro è un isterico, non fa che sclerare con chiunque (tranne che con Jayce, ovviamente – con lui diventa sdolcinato peggio che in un sonetto del Dolce Stil Novo) e ha un comportamento a dir poco infantile, quando è un uomo di quasi 30 anni: non fa che trattare malissimo il commissario Helena Doyle, ad esempio, che a me è parsa l’unica là in mezzo con un po’ di buonsenso. La tenutaria dell’albergo, Luise o Madame Cunard come la chiamano tutti (ma è francese, per caso?) invece sembra un oracolo: sa tutto, prevede tutto, indovina tutto. Come faccia, non si sa. Quanto a Jayce, mi è parso una caricatura di certi personaggi dei manga yaoi: ha diciotto anni, quindi è praticamente un adulto ma viene sistematicamente scambiato per un ragazzino molto più giovane, e poi ha un frasario degno di un quarantenne – quanti diciottenni conoscono il significato della parola peculato, sul serio? Ok, ha ricevuto un’ottima educazione, ma il suo modo di esprimersi mi è parso davvero molto poco credibile vista la sua età.
 
Di questo libro salverei giusto le descrizioni dei luoghi, molto accurate, che fanno capire che l’autore, pur se non li conosce di persona (è solo una mia ipotesi, magari li conosce sul serio) si è almeno ben documentato in proposito, ma a parte questo non mi sento proprio di consigliarlo. Mi dispiace sempre assegnare una recensione negativa in questi casi, quando l’autore è così gentile da offrirmi il suo libro in maniera gratuita, ma credo che l’obiettività sia importante in qualunque circostanza; ho detto quello che penso e ho cercato di motivare le mie critiche, sperando di esserci riuscita. Ringrazio comunque Cristiano Pedrini per avermi concesso di leggere il suo libro in anteprima.

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